venerdì 18 febbraio 2011

Fahrenheit!

Mercoledì Fahrenheit mi ha ospitata nella sua sede dislocata di Bologna, chiacchierare in diretta del mio libro assieme alla bravissima Loredana Lipperini è stato splendido. Senza dubbio un altro sogno realizzato. Grazie.
L.

sabato 12 febbraio 2011

L'importanza di scendere in piazza

L'ipocrisia è senz'altro una caratteristica del nostro essere italiani. Siamo ipocriti, facili alle cadute a picco nel moralismo piccoloborghese più becero, e pronti a cambiare bandiera a ogni soffio di vento. Non riesco a capacitarmi del polverone mediatico che le avvilenti faccende di Arcore hanno saputo sollevare, e di come la stessa sinistra sembri resuscitata e cavalchi ora un moralismo asfittico e facile. Intendiamoci, io scenderò in piazza, eccome. Ma scenderò in piazza perché il nostro premier ha già offeso, e in modo ben peggiore, la nostra costituzione da anni e anni e anni. E anche la carica che rappresenta. Ed è intollerabile quando ciò che è privato inquina il pubblico, e mi riferisco a posti di lavoro "regalati" a signorine di dubbie capacità, o a signorini il cui unico pregio è l'avere un unico punto di vista: quello del capo. Sono le più alte cariche dello stato, usate e abusate per crearsi leggi ad personam e per evitare giusti e altrimenti inevitabili processi, a digustarmi. Ma possibile che siano gli ultimi fatti di questi mesi a risvegliarci? Come abbiamo potuto tollerare quello che è successo fino a oggi? Cos'è che mi scandalizza? La nostra ottusità. Perché siamo noi italiani ad avere permesso tutto questo. Purtroppo questo governo rappresenta il nostro Paese. Ed è il momento di scendere in piazza e dire che non ci stiamo più. In un Paese in cui ognuno fosse chiamato a rispondere delle proprie azioni ci sarebbe molto meno spazio per tutto questo teatro d’operetta. E invece ecco l’Italia: profluvi di parole, carta stampata, talk-show di serie z. Questo elogio della pochezza porta troppi italiani a convincersi che in fondo, per ottenere risultati concreti, sia sufficiente vendersi e svendersi senza ‘perdere tempo’ in percorsi formativi seri e senza applicare l’uso dell’intelligenza. Quando poi questi insegnamenti ci vengono trasmessi dalle più alte cariche dello Stato, è facile rendersi conto di che periodo oscuro si prospetti per il nostro Paese.
Noi italiani abbiamo spesso una rara capacità di indugiare nel torbido e di lasciarci andare a moralismi inutili e avvilenti.
Se ci limitiamo a guardare ai fatti concreti la nostra splendida Costituzione è praticamente morta sulla carta. Che futuro c’è per un Paese che d’abitudine insulta la cultura e il pensiero divergente? Come possiamo crescere come individui, e quindi come Nazione, in un Paese in cui pare che l’unico modo sia prostituirsi in senso metaforico e letterale e cambiare opinione a ogni cambio di vento? Abbiamo bisogno di credere che le cose possano cambiare, che studiare sia necessario, che il nostro diritto di protesta possa essere ascoltato e possa cambiare il corso delle cose. Dobbiamo imparare ad alzare la testa. Per questo serve scendere in piazza. E poi, certo, abbiamo bisogno di nuovi modelli di donna. I risultati si possono ottenere senza mezzucci di quart’ordine, e garantisco che hanno tutto un altro sapore. Abbiamo bisogno di credere in noi stesse. E siamo stanche di un governo che ci umilia e che non ci rappresenta.
Ma personalmente sono ancora più stanca di un paese che non ha coraggio di prendere posizione, di una destra fascista e di una sinistra che grida senza voce, e che per ottenere il consenso del Paese punta il dito contro lo squallore del Premier.
Davvero abbiamo così poco da dire? Così poco coraggio? Così poche risorse?
Scendiamo tutti in piazza domani, please.
L.